Nell’apprendimento
di una seconda lingua si dedica molto spazio all’apprendimento razionale e
volontario. Cosi facendo si sottovaluta il processo di acquisizione naturale,
processo inconscio che alla base della veicolazione di
una lingua.
Stephen D. Krashen è uno degli studiosi che maggiormente hanno
influenzato le più moderne teorie sull’apprendimento di una lingua.
Classe
1941, Ph.D. in Linguistics a UCLA, Krashen è attualmente titolare della
cattedra di Education presso la University of Southern California.
Tra
i suoi numerosi libri ricordiamo Principles and Practice in Second Language
Acquisition, del 1981, The Natural Approach: Language Acquisition in the
Classroom, del 1983 (con T. Terrell). In italiano troviamo H. Dulay, M. Burt, S. Krashen, La
seconda lingua, Il Mulino 1985.
Krashen
è famoso soprattutto per le sue cinque ipotesi:
1. Distinzione
tra acquisizione e apprendimento. Krashen distingue due processi
fondamentali attraverso cui si impara una lingua: l’acquisizione,
un processo inconscio, e l’apprendimento, un
processo conscio rivolto alla forma linguistica. L’acquisizione per Krashen è profonda, stabile, e genera
comprensione e produzione linguistica con processi automatici mentre l’apprendimento, razionale e
volontario, è di durata relativamente breve e funge da monitor per
l’esecuzione linguistica. Riguardo alla possibilità se l’apprendimento
razionale possa trasformarsi in acquisizione, la risposta di Krashen è di
solito negativa.
2. Ipotesi
del monitor. Il monitor è quella parte del sistema interno
dell’apprendente responsabile dell’elaborazione linguistica consapevole. Il
monitor varia a seconda dell’età, dello stile cognitivo e delle modalità di apprendimento della L2.
3.
Ipotesi dell’ordine naturale. Le regole
(grammaticali) della L2 vengono acquisite attraverso un ordine naturale. Per
Krashen l’ordine vale quando le regole sono acquisite, ossia imparate
inconsciamente, poiché se esse sono apprese, quindi applicate consapevolmente,
è possibile che gli apprendenti non seguano l’ordine naturale.
4. Ipotesi
dell’input. Secondo Krashen l’unico modo per far progredire
l’acquisizione consiste nell’esposizione all’input. Aggiunge inoltre che le
persone acquisiscono una lingua straniera solo se ricevono un input
comprensibile e i loro filtri affettivi sono sufficientemente bassi da
permettere l’ingresso dell’input stesso. L’input cioè deve situarsi nella
corretta posizione lungo l’asse dell’ordine naturale di acquisizione, cioè
immediatamente dopo l’input che fino a quel momento è stato acquisito. Da qui
la nozione di i + 1, che sarebbe il livello dell’input a cui uno studente
dovrebbe essere sottoposto per procurargli acquisizione: il livello (i) a cui
si trova lo studente + 1.
5. Ipotesi del
filtro affettivo. Con questa ipotesi Krashen spiega perché gli
apprendenti esposti a una stessa quantità di input comprensibile, abbiano tempi
e esiti di apprendimento diversi. Per Krashen non tutto l’input viene
utilizzato; una parte viene tagliata da un filtro che si alza e si abbassa in
base a fattori affettivi quali il desiderio di integrarsi nella nuova cultura,
l’ansia, l’autostima, ecc…
Krashen
ha avuto il grande merito di dire delle cose interessanti in modo chiaro e
semplice, di creare degli slogan, dei principi utili a tutti gli insegnanti da
tenere a mente e con cui confrontare la nostra azione quotidiana, dei
“segnaposto” teorici della didassi.
Ma forse queste teorie e ipotesi diventano
ancora più interessanti come punti di partenza, come prospettive da
falsificare, da superare. Lo faremo in un (o più di uno) altro articolo, per
ora cito il Prof. Balboni, e una sua nota riguardo alla teoria dell’input
(comprensibile) pubblicata in un articolo di In.It del Giugno 2002:
E’
significativo il fatto che la Second Language
Acquisition Theory di Krashen sia nata per l’inglese come L2 ma poi sia
stata dallo stesso autore proposta, senza alcuna modifica, per la lingua
straniera.
Le
due cose sono invece molto diverse, anche se esistono delle situazioni in cui
si presentano contemporaneamente: basti pensare alle scuole italiane nel mondo, in cui i primi
anni sono di italiano LS mentre lentamente, essendo gli studenti immersi per
gran parte della giornata in una scuola con materiali didattici in italiano, si muove verso la L2.
La
differenza è sostanziale:
• nell’italiano
LS l’insegnante è l’unica fonte di input, quindi può graduare i
materiali, può accettare esecuzioni imperfette sapendo che le correggerà in
futuro, può decidere il programma che vuole seguire;
• nell’italiano
L2 l’input avviene essenzialmente all’esterno delle ore di italiano, non
ha alcuna forma di graduazione e di selezione, ogni errore può essere corretto
da altri insegnanti o da altri parlanti nativi con i quali gli studenti si
trovano ad interagire, il concetto di programma si fa labile: se gli studenti
hanno bisogno di capire l’opposizione tra imperfetto e perfetto oggi, in questo
momento, e lo chiedono perché altrimenti non capiscono i film o le lezioni di
storia, è inutile attendere l’unità didattica dedicata al passato, bisogna
parlarne subito.
L’insegnante di italiano LS è un allenatore che imposta la
partita come vuole lui, tanto i giocatori in campo sono tutti suoi, la partita
è in realtà un allenamento interno in preparazione del grande match; l’insegnante di italiano L2
gioca invece una partita vera, i suoi giocatori sono in campo e si avvicinano
alla panchina dell’allenatore per chiedere cosa devono fare in quella data
situazione, visto che non hanno capito bene come gioca l’altra squadra, quella
dei parlanti nativi italiani.
Sono davvero felice che tu abbia considerato questo studioso di glottodidattica. Io provavo a correlare anche la didattica per le lingue straniere (che soprattutto nel mondo anglosassone e' cosi' avanti) con l'insegnamento della musica pratica perche' secondo me tanti principi sono mutuabili.
RispondiEliminaGrazie per la condivisione di quest'articolo