lunedì 28 aprile 2014

Dislessia e ….. non solo!






La dislessia è un disturbo specifico dell’apprendimento e dell’uso del linguaggio scritto. La maggior parte dei ricercatori punta sulla necessaria distinzione tra dislessia e disturbi dell’apprendimento, termini spesso confusi o usati come sinonimi.


Come detto prima la dislessia è un disturbo specifico che ha come risultato una serie di difficoltà nella decifrazione della lingua scritta, difficoltà riscontrabili in soggetti dotati di intelligenza normale, indenni da evidenti danni neurosensoriali o da altri deficit di natura organica, e non appartenenti ad un ambiente socio-culturale deprivato. Con il termine “Disturbi dell’apprendimento si intende indicare un soggetto che incontra difficoltà in tutto l’apprendimento scolastico, inclusa la difficoltà di lettura. Analizziamo con alcuni grafici la dislessia e ….. non solo!




 



































































































mercoledì 16 aprile 2014

Lateralizzazione cerebrale, mancinismo e dislessia






Sono una serie di funzioni e disfunzioni, tutte  interconnesse alla lateralizzazione cerebrale!



Il cervello è diviso in due emisferi: il sinistro controlla la parte destra del corpo e viceversa.
All'emisfero sinistro competono funzioni logico-linguistiche e il pensiero analitico, infatti controlla la scrittura, il linguaggio, la logica ed utilizza un modo di pensare lineare, mentre
nell'emisfero destro sono localizzate le funzioni visuo-spaziali, immaginative, musicali e il pensiero intuitivo-sintetico (controlla le emozioni, la creatività, l’immaginazione, la consapevolezza spaziale ed utilizza un modo di pensare olistico). Queste due parti del cervello sono perfettamente complementari e ciò determina un’organizzazione estremamente razionale ed efficiente del lavoro.











La lateralizzazione è il processo di espressione della dominanza emisferica che inizia intorno ai 3-4 anni di vita e porta ogni individuo a sviluppare due emisferi: il destro ed il sinistro non sempre uguali e simmetrici tra loro. A livello corporeo si esprime con una  maggior forza, maggior quantità di energia (tono), di uno dei due lati del soma rispetto all’altro. Il processo di lateralizzazione termina verso i 7-8 anni con l’acquisizione dello schema corporeo e la consapevolezza della propria lateralità. La lateralità è la conoscenza del lato destro e sinistro e l’uso privilegiato e consueto di un emisoma rispetto all’altro (occhio-mano-piede dello stesso lato).

La stabilizzazione della lateralità per alcuni avviene già ai 4 mesi mentre per altri ai 4-5 anni epoca del periodo terminale di mielinizzazione. L’interiorizzazione della lateralità avviene invece più tardi ed è connessa a livelli strutturali organizzativi e cognitivi più evoluti (6-12 anni: periodo operatorio concreto).












reversibilità spaziale (capacità di mettersi al posto di un altro durante il gioco)
reversibilità del pensiero (capacità di identificarsi con i sentimenti altrui di accettare e rispettare gli altri)
Qualora tale processo non avvenga nei modi e tempi previsti, si potranno verificare anomalie di orientamento e movimento nello spazio, linguaggio, scrittura, lettura e disegno.











Anomalie della lateralizzazione per lo più si slatentizzano con l’inizio degli esercizi di pre-grafismo fatti alla scuola materna o con ingresso alla scuola elementare, quando i genitori o le insegnanti notano l’uso della mano sinistra per la scrittura.
Per  “lateralità crociata” si intende una preferenza d’uso non armonica per cui si può avere un destrimane con dominanza a sinistra per l’occhio.











Mancinismo
Per mancinismo si intende la tendenza a usare di preferenza il lato sinistro per compiere movimenti e gesti automatici e volontari. Circa il 10% della popolazione mondiale e' mancina. Si parla di mancinismo spontaneo, quindi ereditario, o acquisito, cioè secondario a lesioni dell’emisfero sinistro del cervello dominante nei destrimani. Il mancinismo può essere omogeneo o disarmonico ossia con totale utilizzo dell’emisfero sinistro per muovere  occhio piede e mano oppure con uso “misto”.

Osservando con quale mano ci si abbottona un vestito, quale mano si porge, quale piede si utilizza per calciare un pallone, come si accavallano le gambe, come si fissa un oggetto o quale occhio si utilizza per guardare da un cannocchiale è possibile fare una analisi della lateralità.











Già si è riferito di come il lato sinistro del cervello controlli la parte destra del corpo e quello  destro controlli la parte sinistra del corpo. La parte destra del cervello controlla le emozioni, la creativitá, la consapevolezza spaziale, l'immaginazione, la capacità di cogliere la realtà nel suo insieme, anziché scomporla nei diversi elementi. Pertanto è utile riflettere sul fatto che i mancini comprendono un'idea creando nella loro mente una figura corrispondente e che per loro sarà efficace e funzionale immaginare oggetti da unire fisicamente nella loro mente per risolvere una somma aritmetica o memorizzare un’immagine al fine di memorizzare un intero testo. Secondo quanto descritto quindi i mancini sembrerebbero più portati per il disegno e le attività artistiche.

Si sperimenta e si acquisisce con entrambe le mani fino a circa 3 anni quando si comincia a definire la preferenza di lato. Molto importante a questo punto è lasciare il bambino libero di scegliere la mano che preferisce per agire e sperimentare. Messaggi conflittuali al cervello possono provocare interferenze tra i due emisferi cerebrali con possibile manifestazione di incertezze, discordanze funzionali e comportamentali, disturbi al controllo delle attivitá motorie come la balbuzie e mancanza di fiducia.











Si parla di ambidestri relativamente a soggetti capaci di utilizzare indistintamente la mano destra e sinistra, senza difficoltà. In Italia rappresentano circa il 4% della popolazione. Questi soggetti conservano la bilateralizzazione, cioè non lateralizzano.











I bambini mancini non necessitano di trattamenti particolari, tuttavia può essere utile adottare alcuni semplici accorgimenti che li facilitino nel quotidiano:

-         porre i giochi in posizione centrale davanti ai bambini al fine di non creare confusione e di incoraggiare l'uso di entrambe le mani finchè non si sará stabilita una preferenza definitiva

-         per aiutare un bambino ad allacciarsi le scarpe è meglio sedersi davanti a lui piuttosto che di fianco, per offrire un'immagine a specchio da copiare

-         si può lasciare che il bambino mancino usi la forchetta nella sinistra e il coltello a destra, che a tavola abbia una posizione favorevole e non urti   con il gomito del vicino

-         in classe sarà utile mettere il bambino mancino insieme ad un altro mancino cosicchè non si urtino i gomiti mentre scrivono; se un destro e un mancino capitano vicini, si potrà posizionare il destro sulla destra in modo che non interferiscano nei rispettivi spazi di lavoro. Importante controllare che il bambino mancino non si faccia troppa ombra con la mano che scrive a causa della scarsa luce.



lunedì 14 aprile 2014

Rizzolatti – “Nell’autismo i neuroni empatici sono solo bloccati”





All'università di Parma lavora l'èquipe internazionale di Giacomo Rizzolatti. Nel 1996 la scoperta su cui oggi si concentrano le neuroscienze, in un futuro Nobel possibile.



Lo specchio per leggere la mente degli altri è nato qui, nel laboratorio di neuroscienze di Giacomo Rizzolatti. Nulla a che fare con l'antro oscuro di un fabbro: in quest'ala dell'università di Parma gli esperimenti più illuminanti prendono forma da gesti calmi e semplici. Uno sguardo che si sposta, una mano che porge una mela, una vocale pronunciata con una certa intonazione sono l'oggetto di studio di questo gruppo ormai storico dell'ateneo emiliano.

Era il 1996 quando Rizzolatti e tre studenti annunciarono la scoperta di quella che si è rivelata l'idea più  innovativa delle neuroscienze degli ultimi decenni: i neuroni specchio, ovvero il meccanismo che ci consente di comprendere e condividere le emozioni altrui. Il motivo per cui proviamo compassione o ci emozioniamo davanti a un film. Ma anche l'anello della catena che si spezza in un bambino colpito da autismo. “Un gesto banale come allungare la mano per porgere una mela è colmo di mille possibili significati” spiega quel mix di entusiasmo e comunicativa che è Rizzolatti. “Le persone normali riescono a coglierne molti, se non tutti. Un bambino autistico invece si blocca alla prima interpretazione. Per lui, se afferro una tazza è solo per bere. Non esistono altre intenzioni, come donare, spostare o lavare. Il mondo delle emozioni e delle intenzioni altrui è precluso a chi è colpito da questa sindrome e il ventaglio dei significati di un gesto è ripiegato in un'unica interpretazione”.











"Ma noi crediamo - corregge Rizzolatti - che si tratti di un meccanismo solo inceppato, non rotto per sempre". Per rieducare i neuroni specchio e insegnar loro a parlare con il sistema motorio a Parma pensano di usare i videogiochi. "La Wii è perfetta - spiega il professore -. Perchè coinvolge il sistema motorio e non prevede l'interazione con gli altri, un ostacolo per i bambini autistici. Con questo metodo possiamo forse correggere uno dei difetti della malattia: l'incapacità di legare intenzione e movimento. Vogliamo rieducare i neuroni specchio a dialogare con i neuroni del sistema motorio. Crediamo infatti che le cellule siano intatte, e a funzionare male siano solo le sinapsi, cioè le loro connessioni".

Presto una scuola Parma.

Non si tratta solo di ipotesi. Due centri educativi per bambini autistici ispirati a queste idee sono in funzione a San Miniato e a Tours. E una scuola dismessa a Parma sta per essere dedicata a questo scopo, grazie all'aiuto del Comune e di finanziamenti privati. "Apriremo alla fine dell'anno una scuola e un laboratorio per la riabilitazione, in cui useremo i giochi elettronici sostituendo le trame di guerra con trame di aiuto reciproco". È il segreto del "miracolo Parma" secondo Rizzolatti: "Una città ricca, in cui i privati collaborano volentieri con l'università". E quanto all'idea di trasferirsi negli Usa, lo scienziato taglia corto. "Ci ho lavorato, so benissimo che lì basta una telefonata per ottenere tutto ciò che serve. Ma non potrei mai abbandonare quel che nei decenni ho contribuito a creare qui. In fondo per un esperimento ben congegnato possono bastare anche pochi soldi. E se l'Italia non ci dà molto, per fortuna possiamo fare affidamento sui bandi di finanziamento internazionali".











Il suo campo di ricerca iniziato negli anni Novanta come neurofisiologia dura e pura, con uno studio metodico sul quando e perchè ogni singolo neurone di scimmia si accende se sottoposto a uno stimolo, oggi ha iniziato ad allargarsi proprio come una cellula del cervello che si dirama in mille direzioni, raggiungendo con le sue sinapsi campi come psicologia, filosofia, linguistica, psicanalisi, drammaturgia. "Ma di questo passo noi medici finiremo in minoranza, qui", scherza il professore circondato da studenti inglesi, giapponesi, svizzeri e canadesi, che lavorano per un dottorato in biologia, ma arrivano anche da facoltà come psicologia e filosofia seguendo la scia delle parole di David Hume.
"Noi osserviamo la forza della simpatia attraverso tutta la creazione animale e la facile comunicazione dei sentimenti da un essere pensante a un altro".

Ogni tanto nei laboratori di Parma si affaccia gente di teatro interessata a capire come uno sguardo, o il gesto di allungare la mano, o l'intonazione di una vocale possano provocare risonanze cangianti all'interno del cervello. "Con un gruppo di giovani attori del Piccolo - racconta Rizzolatti - abbiamo fatto uno studio sui mille significati del porgere una mela". L'attore muove i muscoli e lo spettatore attiva i suoi neuroni specchio per interpretare il significato del gesto: quale intenzione e sentimento c'è dietro, da quale possibile rapporto sono legati donatore e ricevente.











Quali saranno gli effetti dello scambio. In fondo era stato proprio Peter Brook a commentare ironico: "Con i neuroni specchio i neurologi hanno scoperto quel che gli attori avevano capito da sempre". Ma qui semplicità e banalità sono solo apparenti. Porgere una mela o rivolgere uno sguardo sono mattoni essenziali di una comunicazione fra individui in realtà molto complessa. E scoprire le lettere dell'alfabeto delle emozioni condivise rappresenta solo l'inizio dell'avventura.

"Studiare per tanti anni questi argomenti ha cambiato il mio modo di vedere le cose- ammette Rizzolatti-. Mi sono accorto che la felicità può realizzarsi solo nel rapporto con gli altri. E che il crollo delle ideologie ha avuto ripercussioni negative anche sul nostro benessere psicologico. Oggi siamo tutti un po' dei cani sciolti. Eppure quando ho iniziato a fare ricerca avevamo ben chiaro in mente che la scienza va portata avanti nell'interesse comune, non per la carriera".

Nella bacheca del laboratorio una decina di annunci invitano gli studenti ad arruolarsi come volontari per gli esperimenti in cambio di dieci euro. Dovranno solo orientare uno sguardo, muovere una mano o afferrare un oggetto mentre apparecchi per l'elettroencefalografia o la stimolazione magnetica transcranica cercano di decifrare il significato complesso dei loro gesti semplici. Per alcuni si tratterà di osservare delle statue greche, comprendere quali sono i canoni della bellezza iscritti nel nostro cervello o districarsi fra il ruolo dell'insula (legata all'istinto) e quello dell'amigdala (in cui è impresso il marchio della cultura) nel modo in cui apprezziamo il bello.











"Dopo la scoperta dei neuroni specchio potremmo forse rivedere il nostro modo di insegnare nelle scuole. Osservare gli altri, imitarli, ripetere molte volte i gesti fondamentali è la base per imparare. Vuol dire costruire con metodicità un piedistallo dal quale poi spiccare il volo", propone il professore. E il sogno nascosto di chi guarda al lavoro degli scienziati di Parma è forse quello di una "pillola dell'empatia" che aiuti gli uomini a comprendersi meglio e gli impedisca di procurarsi sofferenze. Nel laboratorio ridono quando gli si fa la domanda. Ma all'idea hanno pensato anche loro. "I neuroni specchio- risponde Rizzolatti- vengono studiati negli uomini e nelle scimmie, dove non possiamo fare troppi esperimenti. Se li trovassimo anche nei topi, si aprirebbe la strada a manipolazioni più facili. Allora forse inventeremmo anche una pillola per capirci meglio".
Oltre al Nobel per la medicina (tutt'altro che inatteso qui a Parma), varrà allora anche quello per la pace.


venerdì 11 aprile 2014

G. Rizzolatti, i neuroni specchio e l’apprendimento empatico








Sono detti neuroni appassionati perchè esiste un legame intimo, naturale, profondo che lega insieme tutti gli esseri umani



Li chiamano "neuroni specchio", e rappresentano una scoperta ricca di conseguenze psicologiche, filosofiche e sociali. Sono neuroni funzionanti da motori della partecipazione, nel guardare i movimenti e le reazioni emotive di un altro individuo, dei medesimi centri cerebrali che si attiverebbero se noi stessi ne fossimo i protagonisti. Tale immediata empatia, esplicitamente "corporea", è estendibile al campo minato degli affetti?











Giriamo la domanda a Giacomo Rizzolatti, direttore del dipartimento di Neuroscienze dell'Università di Parma. Bello fantasticare, prima d'incontrarlo, su quello che potrebbe essere l'aspetto di uno scienziato geniale (di Rizzolatti s'è parlato spesso, negli ultimi anni, come possibile premio Nobel), e trovare un personaggio totalmente adeguato alle nostre aspettative. Capelli bianchi e mossi da troppe idee, occhi spiritosi e acuti, aria volatile di chi si aggira in qualche stratosfera inattingibile, Rizzolatti è il celebrato capofila della rivelazione dei "neuroni specchio", con tutto il loro gran bagaglio di ricaschi in ambito relazionale.











Professor Rizzolatti: prima di applicare i "neuroni specchio" al territorio degli affetti, può spiegarne in parole povere il significato?
"I neuroni specchio si trovano nelle aree motorie, e descrivono l'azione altrui nel cervello di chi guarda in termini motori. Fino a non molti anni fa, si riteneva che il sistema motorio producesse solo movimenti. Noi, partendo da un approccio etologico, senza convinzioni a priori sulla funzione delle aree motorie, abbiamo scoperto che molti neuroni del sistema motorio rispondono a stimoli visivi.










Se vedo una persona che afferra una bottiglia colgo subito il suo gesto perché è già neurologicamente programmata in me la maniera in cui afferrarla. Si verifica una comprensione istantanea dell'altro, senza bisogno di mettere in gioco processi cognitivi superiori. In seguito abbiamo visto che la stessa cosa capita per le emozioni. Per esempio il disgusto. Somministrando a una persona uno stimolo olfattivo sgradevole, come l'odore delle uova marce, si attivano determinate parti del cervello. Una di queste è l'insula, un'area corticale che interviene negli stati emozionali. La sorpresa è stata che, se uno guarda qualcuno disgustato, si attiva in lui esattamente la stessa zona dell'insula.












Questo permette di uscire da un concetto mentalistico e freddo, riportando tutto al corpo. Io ti capisco perché sei simile a me. C'è un legame intimo, naturale e profondo tra gli esseri umani. Ama il tuo prossimo come te stesso". In teoria, se provo amore, finirò per passarlo all'oggetto del mio amore. "È la speranza di ogni innamorato, e in parte succede: inseguo, faccio la corte e a volte sono ricambiato. Questo comunque non è il mio campo... Ma senza arrivare all'amore, pensi al sorriso. La reazione a una domanda posta da una persona in maniera gentile e sorridente è completamente diversa da quella ottenuta da chi fa la stessa domanda in modo brusco. Il sorriso passa all'altro, come il riso. Certi comici fanno ridere solo per la qualità della loro risata. Pensi inoltre allo sbadiglio. Si attacca non solo a chi lo guarda, ma anche a chi ascolta una storia in cui viene evocato. Se leggo a mio nipote la frase: il cane sbadigliò, anche il bambino sbadiglia. Basta pronunciare la parola in un contesto narrativo".











Amor che a nullo amato amar perdona quindi?
"Sì. I sentimenti sono contagiosi. Però sappiamo che l'amore è qualcosa di molto complesso, in cui intervengono fattori sociali e culturali... Altrimenti tutto sarebbe troppo automatico. Di sicuro la natura ha creato una società "comunista", non nella suddivisione dei beni, ma nella condivisione delle emozioni. Si tende a stare insieme. C'è la necessità di farlo, anche se certe società, come quella attuale, spingono verso l'individualismo e insegnano l'egoismo".

Esiste, sul versante neurologico, una distinzione tra innamoramento e amore? Attrazione passionale e sentimento profondo?
"L'attrazione sessuale è spiegata per lo più da meccanismi ormonali... Ma posso raccontarle che una scienziata svizzero-americana, Stéphanie Ortigue, ha messo a punto un test comportamentale per vedere se una ragazza è veramente innamorata. Tramite questo test ha esaminato l'effetto di determinate parole gradevoli. Poi, tra di esse, ha inserito il nome del fidanzato o del marito, mettiamo "Paolo". In alcuni casi il nome della persona presunta cara produceva lo stesso effetto delle parole gradevoli, e in altri casi nulla. L'interpretazione dei dati è ovvia".





Immaginate le conseguenze sociali della vostra scoperta? Su famiglia, scuola, aziende...?
"Una grande banca nazionale ha mandato poco tempo fa qui da noi a Parma due dottoresse, chiedendo aiuto sul modo in cui migliorare i rapporti negli uffici lavorando su base scientifica. Purtroppo spesso il capoufficio non pensa che, avendo un rapporto empatico con gli altri, li farà lavorare meglio. Viceversa crede di poter avere risultati migliori con il "terrore", ottenendo invece l'effetto opposto. Comunque, in generale, non ci siamo occupati molto delle applicazioni pratiche della scoperta dei neuroni specchio.
Dovrebbero essere i sociologi a puntare su quest'aspetto per migliorare l'empatia. Abbiamo però compiuto esperimenti su quel che producono, a livello neuronale, le opere d'arte, prendendo delle statue greche e deformandole appena: neurologicamente non provocavano più lo stesso esito. L'arte attiva l'insula, la regione delle emozioni, e potrebbe quindi essere un mezzo per ingentilire il nostro comportamento".











L'amore, in quanto emozione, è contenuto nell'insula?
"No: sta più in basso. L'insula è un po' il punto di contatto tra il mondo cognitivo e quello emozionale più primitivo. Antonio Damasio sostiene che le emozioni di base sono già codificate nel tronco dell'encefalo, cioè in una struttura molto arcaica, che abbiamo in comune addirittura con i rettili. Il che significa che la parte emotiva viene prima delle altre, nello sviluppo di una specie di io: l'io primario non pensa, ma reagisce e si emoziona". (Praticamente l’Es. ndr)

Parlando di neuroni specchio viene a mente Narciso, innamorato di se stesso...
"Il narcisismo va nel senso opposto dei neuroni specchio, essendo l'io, per il narcisista, l'oggetto del proprio amore, e non il prossimo. In termini clinici è una forma di nevrosi in cui il malato ha empatia zero verso gli altri. Il narcisista "clinico" non dovrebbe rispondere alle emozioni altrui. È una cosa che vorremmo verificare su individui affetti da forme di narcisismo ma con diagnosi psichiatrica precisa...".










C'è una differenza neurologica tra i vari tipi di amore? Per esempio tra quello materno e quello sessuale?
"È evidente che si tratta di due amori diversi. Tuttavia esiste un ormone, l'ossitocina, che gioca un ruolo importante in entrambi. Serve sia all'attaccamento alla prole sia al partner. Una delle teorie che spiegano il motivo per cui la nostra specie, a differenza di altre, è sessualmente sempre attiva, è questa: grazie alla secrezione di ormoni connessi all'atto sessuale, si crea un legame duraturo con il partner, necessario per accudire in due la prole. Il piccolo dell'uomo ha bisogno di cure per anni. Poi arriveranno il rapporto intellettuale, la condivisione di esperienze, l'abitudine... Ovviamente parlo di tutto ciò a livello elementare. Le sfumature sono infinite. Un altro dato interessante su cui soffermarsi sono le reazioni connesse direttamente a meccanismi ormonali. Il neurofisiologo inglese David Perrett ha fatto scegliere ad alcune donne facce maschili in vari momenti del ciclo mestruale, giungendo alla conclusione che, quando non è fertile, la donna preferisce l'uomo dall'aspetto macho e passionale, mentre nel momento della fertilità opta per il tipo raccomandabile, dalla fisionomia tranquilla e protettiva".










Si "specchiano" di più i neuroni femminili o i maschili?
"Decisamente i primi. Il veder soffrire un altro determina molto più dolore nella donna che nel maschio".

Nella prospettiva dei neuroni specchio, vivere insieme dovrebbe far diventare due individui sempre più simili tra loro.

"Non a caso il cane e il suo padrone camminano nello stesso modo... E nelle coppie, quando si creano affinità, si finisce per somigliarsi. Quelle affini sono probabilmente le più felici".