L’emisfero sinistro è considerato quello
'razionale' o 'verbale': il linguaggio è controllato dalle aree di Broca (produzione, scoperto nel 1861) e di Wernicke
(comprensione 1874), mentre altre due zone specifiche controllerebbero la
lettura (area di Déjerine 1874) e la scrittura (area di Exner 1881)
Quando nel 2006
Windows lanciò l’assistente vocale per la lettura di un testo visualizzato
sullo schermo del computer sembrava una grossa novità . Il nostro cervello
questa funzione l’ha invece sempre avuta, quantomeno fin da quando è stata
sviluppata la scrittura. Non siamo certo all'intelligenza artificiale!
Ma come funziona il
nostro assistente vocale interno, quella voce silenziosa che sentiamo nella
nostra testa quando leggiamo un giornale o un libro ?
Vari studi hanno
dimostrato che durante la lettura aumenta l’attività metabolica della corteccia
cerebrale uditiva, soprattutto nelle aree deputate al riconoscimento vocale,
indicando che leggere induce un aumento dell’attività nervosa delle aree
cerebrali dell’ascolto, anche se, in effetti, veri suoni non ce ne sono. Ma si
tratta di un meccanismo automatico diretto o il nostro assistente vocale viene
attivato attraverso altri circuiti accessori? Un gruppo di ricercatori francesi
e cileni, rispettivamente delle Università di Lione e Marsiglia e di Santiago del Cile, hanno
pubblicato sul Journal of Neuroscience uno studio che ha cercato di
capirlo usando la risonanza magnetica funzionale che consente di individuare
quali aree del cervello si attivano in funzione di una certa attività mentale.
I ricercatori
franco-cileni hanno scoperto che la voce interna che pronuncia mentalmente le
parole che leggiamo si avvale del contributo sia dei circuiti visivi sia di
quelli uditivi i quali, a loro volta, attivano precise aree della corteccia
cerebrale temporale secondo una precisa sequenza: la temporale superiore
traduce la scrittura in suoni e la laterale li rende intelligibili. Questa zona posta vocino alla
tempia è chiamata circonvoluzione di Wernicke, dal nome del neurologo polacco
che nel 1874 capì che qui risiedono i sistemi che regolano il linguaggio
espressivo consentendoci di produrre le parole nel giusto ordine sequenziale e
temporale in modo da essere capite. Quando leggiamo ad alta voce l’area
di Wernicke invia le sue informazioni a
un’altra area chiamata di Broca, dal nome del neurologo francese Paul Broca che
scoprì come quest’area serva a produrre il linguaggio che viene ottenuto
mandando i suoi impulsi alle aree motorie che controllano i muscoli della
laringe e della lingua che ci fanno parlare. Se usiamo solo l’assistente di
lettura non c’è, però, bisogno di emettere suoni articolati e il circuito si
ferma all’area di Wernicke dove le parole lette sono prima tradotte e rese
comprensibili e poi inviate in forma di impulsi all’area acustica che ce le fa
sentire.
C’è infine un altro
fattore importante. Ai soggetti dello studio venivano presentate in sequenza
parole luminose su uno schermo e l’attivazione del circuito
visivo-temporale-acustico che ne derivava è risultata fortemente correlata al
livello di attenzione che i soggetti riservavano alle parole presentate: più
stavano attenti a ciò che leggevano, più il circuito si attivava e viceversa. È
peraltro esperienza comune che in una lettura superficiale e disattenta le
parole sembrano scorrere in silenzio e le ricordiamo a malapena, evidentemente
perché il nostro assistente vocale non viene fatto scendere in campo con tutte
le sue potenzialità.
Ma come si comporta
questo assistente vocale in una lingua completamente diversa dalla nostra, come
il cinese? L’italiano o il francese sono lingue basate sull’alfabeto e le
lingue latine in genere si basano su concetti astratti, mentre il cinese si
basa su pittogrammi formati da caratteri simbolici stilizzati che si
riferiscono a oggetti reali. Secondo un altro studio appena pubblicato su PNAS
da ricercatori francesi e di Taiwan, rispettivamente delle Università di Parigi
e di Taipei, ad aiutare l’assistente vocale dei cinesi ci pensa un’altra area
cerebrale chiamata area di Exner, dal
nome del neurologo austriaco, contemporaneo di Freud e del quale aveva
anche lo stesso nome: Siegmund. Exner scoprì che questa zona dell’emisfero
sinistro controlla la scrittura, un controllo sia attivo che passivo, cioè sia
della lettura della scrittura che della sua produzione, tant’è vero che uno
studio francese dell’Institut national de la santé et de la recherche médicale
pubblicato quest’estate su Neuroimage ha evidenziato che nei bambini dislessici con problemi di
lettura, quest’area è più sviluppata del normale perché la usano per compensare
parzialmente le loro difficoltà, cercando di risalire alla parola attraverso i
movimenti delle dita che la scrivono.
L’area di Exner
infatti è un’area cosiddetta premotoria, cioè è capace di immaginare quali
movimenti servono per ottenere un certo risultato: nel caso della scrittura
prevede quali movimenti compiono le dita della mano per vergare una certa
lettera o, nel cinese, un certo segno stilizzato, a prescindere che corrispondano
a un concetto astratto o concreto. Se provate a scrivere tenendo gli occhi chiusi vi troverete un po’
nella stessa situazione di chi legge un pittogramma: sarà infatti quest’area a
guidare la vostra mano e se poi leggete mentalmente cosa state scrivendo
il vostro assistente vocale riuscirà a farlo con l’aiuto dell’area di Exner che
traduce i movimenti della mano nelle parole della frase scritta, parole che
successivamente l’area di Wernicke renderà intelligibili avviando il solito
processo che si verifica quando quelle parole le vedete scritte su un foglio di
carta. In definitiva l’assistente vocale dei cinesi legge anche con le mani,
mentre il nostro soprattutto con gli occhi, ma alla fine tutti sentiamo la sua
voce allo stesso modo.
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