La Memoria e l’Ippocampo
L'ippocampo è l'area del cervello dove informazioni temporanee diventano permanenti, grazie alla
dopamina. Con l'età, però, ne produciamo sempre meno, e sono guai. Ma è allo
studio una pillola che potrebbe fermare per sempre il tempo. Parola di Eric R. Kandel. Fuggito dalla
natia Vienna ai
tempi del nazismo,
si rifugiò negli Stati
Uniti dove, dopo
essersi laureato in storia
ad Harvard, si
è dedicato allo
studio della psicanalisi. Ma la
disciplina non lo convinceva, per la difficoltà di misurarne in modo
scientifico gli effetti.Così ha
cominciato a studiare
i processi dell'apprendimento e
della memoria dal basso, ossia partendo
dalla biologia dei singoli neuroni
di ... una lumaca marina:
l'Aplysia, che con
i suoi ventimila neuroni (contro
i circa cento miliardi dell'uomo)
si è rivelato il soggetto
di studio ideale.
E proprio
le scoperte sui
meccanismi molecolari e genetici
dei ricordi a lungo
termine gli hanno
assicurato il Nobel per la medicina nel
2000.
Kandel
ricostruisce la sua vita e i successi
scientifici, in modo avvincente e divulgativo, nel saggio
biografico “Alla ricerca
della memoria” Secondo il Professor Kandel, un'impressione che
dura pochi millisecondi
può trasformarsi in
un ricordo che
dura per tutta
la vita attraverso questi
processi:«Innanzitutto l'impressione diventa un ricordo a breve termine,
ossia un rafforzamento delle sinapsi,
senza coinvolgere i nuclei dei
neuroni. Le sinapsi sono
investite da impulsi
di serotonina che
segnalano quanto sia importante lo stimolo
visivo, uditivo o tattile
ricevuto. Un solo
impulso rinforza la sinapsi, più impulsi (rafforzamenti visivi, tattili e
uditivi) segnalano al neurone
che l'informazione è
da ricordare a
lungo e quindi il
nucleo del neurone comanda lo
sviluppo di una sinapsi del tutto nuova (e ora lo stimolo è un ricordo permanente)».
Dalla memoria
temporanea alla memoria permanente
avviene dunque una vera
modifica anatomica del cervello ...
E questo
vale sia per
la memoria esplicita (fatti,
cose, persone) che per la memoria implicita (quella delle azioni automatiche, come scrivere).
Se
ci si ricorderà, ad esempio, di una conversazione pure frivola fatta in un
momento qualsiasi della
giornata è perché, nel frattempo, il
nostro cervello non sarà più lo
stesso di oggi: tra certe cellule
neurali ci saranno più sinapsi, e alcune
cellule neurali "parleranno" con altre con cui non erano connesse
prima. Quindi stiamo attenti
a quando parliamo con le
persone: possono mutarci
il cervello! Gli effetti
dell'apprendimento vanno
quindi a "trasformare"
il nostro cervello, proprio
nell'area dov'è collocato l'ippocampo.
«L'ippocampo
è un organo cruciale per la fissazione della
memoria e contiene anche
una vera e propria
mappa spaziale di ciò
che abbiamo intorno.
Uno studio di Eleanor Maguire dello University College
di Londra ha
riscontrato che nei tassisti londinesi
l'ippocampo si ristruttura e aumenta notevolmente
di dimensione man
mano che memorizzano
le zone e
strade del labirinto urbano».
Come facilitare la memorizzazione.
«Se un'informazione viene
acquisita con più
modalità (quindi non solo
testo, ma anche video
o audio) è probabile che ci rimanga
più impressa e
quindi possa essere ricordata più
a lungo. Ma
se ci pensa
è qualcosa che facciamo già
da secoli: quando
studiamo, se leggiamo a voce alta
il testo che
abbiamo davanti, lo
acquisiamo in due modalità
diverse: visiva e
uditiva. E lo
ricorderemo meglio». Se altre buone pratiche come prendere appunti, usare colori, disegnare, evidenziate
mentre si legge o si studia, si acquisisce quasi il 50% in più di memoria!
Ma
non per sempre: solo il 40% degli over 70 ha la stessa memoria dei 35enni.
Gli
altri subiscono un declino che, per la metà di loro, non influisce sulle altre
funzioni cognitive, ma per l'altra metà conduce
all'Alzheimer.
Come ha
scritto Kandel:«La smemoratezza
senile consiste nel non
riuscire a trasferire i ricordi
dalla memoria temporanea a quella
permanente. Il problema
risiede proprio nell'ippocampo, che,
invecchiando, perde progressivamente
le sinapsi
che rilasciano dopamina, essenziale per
aumentare la concentrazione di una molecola, l'Amp
ciclico, che rafforza le sinapsi sia della memoria a breve
termine che di quella a lungo
termine.
I farmaci del futuro
dovranno curare l'ippocampo.
Riguardo all'Alzheimer sappiamo invece
che il peptide tossico
beta-amiloide è l'elemento
chiave della malattia
e di certe
forme di demenza e
stiamo cercando modi
per
prevenirne la
formazione (per ora si è
riusciti solo nei topi)
o per spezzarlo
e neutralizzarlo più
rapidamente, anche facendo
uso di anticorpi.
Entro due o tre anni
potremo avere risultati
sorprendenti e sono convinto che in cinque-dieci anni riusciremo a curare
l'Alzheimer».
La PKA ed i suoi...
processi
I farmaci
per la memoria
agiranno così «per formare
un ricordo a breve termine è
sufficiente un rinforzamento
delle sinapsi già esistenti,
ma per
trasferire
un ricordo nella
memoria a lungo termine, oltre al buon funzionamento
dell'ippocampo, i neuroni
debbono produrre sinapsi nuove. Un enzima chiamato Pka (Proteina chinasi A) attiva una
proteina, la CREB1, che a sua volta attiva geni che producono proteine
necessarie alla costruzione
di nuove sinapsi.
Quindi un
farmaco che somministri l'enzima Pka può favorire
la formazione di memorie a lungo
termine.
Nei moscerini
della frutta funziona:
la sfida è ottenere
gli stessi risultati sull'uomo.
Poi
ci sono sostanze molto promettenti come
gli inibitori della fosfatasi, che nei topi
contrastano bene la
perdita di memoria legata
all'invecchiamento».
Gli
studi sulla memoria
di Kandel si prestano alla cura di altre malattie...
«Si è
scoperto che quando
un topolino ascolta
un segnale sonoro
associato - tramite condizionamento -
a un ricordo positivo, nell'area
cerebrale del giro
dentato si producono nuove cellule
che hanno l'effetto
di lenire l'ansia,
e nell'amigdala
si innalza il
livello di dopamina e
di neuropeptidi. Un
farmaco che riproduca
queste stesse reazioni
chimiche può combattere ansia e depressione».
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