sabato 9 luglio 2016

LE MEMORIE NON DICHIARATE

In realtà esistono particolari tipi di ricordi, detti "memorie implicite", di cui non siamo consapevoli, che influenzano fin dalla nascita lo sviluppo della personalità. Prima della maturazione dell'ippocampo, il cervello registra le abilità gestuali, le acquisizioni per condizionamento (se cadi, ti fai male) e forse anche nomi e significati degli oggetti soltanto come "abilità non consapevoli". Ma non è solo un problema di maturazione dell'ippocampo. Nel nostro database inaccessibile ci sono tutti i "ricordi" di quando non sapevamo ancora parlare e descrivere emozioni e stati d'animo. Harlene Hayne e Gabrielle Simcock, psicologhe Dell'University of Otago (Nuova Zelanda), sono convinte che anche se non si ricordano gli eventi della prima infanzia, essi sono ancora li. Quello che ci manca è il catalogatore per raggiungerli: il vocabolario. Le ricercatrici hanno fatto giocare alcuni bimbi con uno strumento complesso. Quando, un anno dopo, li hanno interrogati, i bambini hanno risposto usando il vocabolario di cui disponevano l'anno prima. «In un anno avevano acquisito un vocabolario molto più completo, ma non erano in grado di usarlo per descrivere l'esperienza dell'anno precedente» dice Hayne. Eppure il ricordo dell'esperienza era li: quando ai bambini fu mostrata una foto del gioco, erano in grado di dimostrare come ci avevano giocato. La loro abilità di ricordare era superiore alla loro capacità di parlarne. «Il linguaggio funziona come un sistema di catalogazione per la memoria» dice Hayne. «Le esperienze che precedono la possibilità di catalogarle con il linguaggio spariscono, perché non hanno indice. Il volume è nello scaffale, ma solo il caso lo fa trovare».

Ripercussioni

Buona parte di ciò che facciamo lo dobbiamo proprio alle memorie implicite. Spiega Alberto Oliverio, direttore dell'Istituto di Psicobiologia del Cnr: «Quando guidiamo l'auto, andiamo in bici o manipoliamo oggetti, in realtà usiamo una serie molto complessa di aggiustamenti motori senza rendercene conto». Anzi, li usiamo così bene proprio perché non ce ne rendiamo conto: se dovessimo comportarci al volante come alla prima lezione di guida (adesso metto in folle; accendo il motore; metto la freccia; inserisco la prima e schiaccio l'acceleratore) il traffico sarebbe lento e faremmo più incidenti. Abbiamo imparato davvero qualcosa quando dimentichiamo di conoscerla. Ma l'inconscio agisce ancora più profondamente.

Autoinganno

Dice Oliverio: «A volte estendiamo alcune caratteristiche di una persona che ci è simpatica o antipatica ad altre convinti inconsciamente che alcuni tratti somatici siano tipici della simpatia». Forse è proprio per questo che la prima impressione, "a pelle", ci influenza più di quelle successive. Per quanto ci riguarda, invece, amiamo idealizzarci. Se un attore, alla fine di un monologo, viene fischiato, può dare la colpa alla sua cattiva recitazione o all'ignoranza del pubblico. La prima ipotesi è razionale ma dolorosa. La seconda, non fa soffrire ma nega la realtà. Di noi ci piace pensare che siamo buoni, bravi, onesti. L'inconscio però sa la verità. «La coscienza è una facciata per ingannare gli altri e noi stessi. La verità è nell'inconscio» dice Robert Trivers della Rutgers University (Usa). «L'autoinganno ha una sua utilità: se riesci a convincerti che sei il migliore, bluffi meglio. Mentre se conosci le tue debolezze, le condizioni competitive ti mettono in difficoltà. Insomma, meglio credere di essere i migliori, anche se non è vero».

I meccanismi di difesa

E se i meccanismi di difesa individuati da Sigmund Freud (repressione dei ricordi sgraditi ecc.) fossero causati da problemi della corteccia cerebrale destra? Lo sostiene V S. Ramachandran, docente di neuroscienze a San Diego, che ha studiato pazienti che rifiutano di accettare i sintomi di paralisi degli arti dovute a lesioni all'emisfero sinistro. Sulla sedia a rotelle sono convinti di muoversi a loro piacere, mentre conservano la coscienza di altri mali non neurologici.
Secondo Ramachandran, infatti, l'emisfero sinistro è "conservatore", incorpora ogni nuovo dato in modo da avere una visione del mondo coerente coi ricordi già immagazzinati ed esclude i dati minacciosi. L'emisfero destro invece rileva tutte le incongruenze e costringe il sinistro a rivedere il proprio modello di realtà. Ma se l'emisfero destro è danneggiato non si possono vedere le incongruenze. Questo capita non solo ai pazienti di Ramachandran, ma anche ai nevrotici.

I Lapsus

Anche quando il ricordo sembra perfettamente cosciente non corrisponde mai a ciò che è veramente successo, perché è influenzato da variabili emotive. Lo dimostra l'esperimento del foulard di Edouard Claparède, psicologo svizzero che all'inizio del '900 fece interrompere una lezione per 20 secondi da un disturbatore con un foulard bianco e marrone. Foulard che nelle descrizioni dei testimoni divenne rosso, come "deve" essere un foulard rivoluzionario. L'inconscio gioca scherzi anche con lapsus e atti mancati nei quali, senza volerlo, diciamo o facciamo ciò che volevamo nascondere. «Un mio paziente perdeva sempre la carta d'identità nei periodi di crisi» dice Vittorio Lingiardi, psichiatra e psicanalista. Un altro, che in seduta non riusciva a raccontare di sé, dimenticava da me l'agenda o le chiavi di casa, come a dire che una parte di lui era disponibile a farsi conoscere". Tutte "verità" che superano il controllo della coscienza.
Fonte Focus

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