Paul McLean, i tre cervelli della nostra mente!
Gli ultimi, straordinari progressi delle neuroscienze mostrano che la
mente è l’ espressione del cervello, ovvero il risultato delle diverse
acquisizioni che l’ uomo ha compiuto nel tempo. Il cervello è tuttavia parte
del corpo e tra cervello e corpo esistono legami notevoli. Ciò che accade nel
cervello infatti si riflette sul corpo e oggi sappiamo che anche ciò che accade
negli organi si riflette sulla mente.
Invero,
il rapporto mente - cervello è un problema che ha una storia interessante. Per
secoli, i due termini
hanno indicato “cose” differenti che in qualche modo si integrano. Cartesio parla di “res cogitans” e “res extensa” per
indicare che da una parte c’è lo spirito e dall’ altra parte c’è la materia. Il
dualismo cartesiano è pure presente nel mondo greco. Platone
pensa a un mondo delle idee (Iperuranio) che si distingue dal mondo dei corpi e
descrive il corpo come una prigione in cui l’anima è
“incarcerata”. A sua volta, il cristianesimo compie una divisione ancora
più netta, e l’ Iperuranio di Platone diviene il luogo delle anime, dal momento
in cui si separano dal corpo. Il cervello è visto come un cristallo che viene
colpito dalla luce rappresentata dallo spirito che viene dal cielo.
Tra
i dualisti contemporanei, un grande neuro scienziato, John Eccles, parla di
parallelismo tra due realtà completamente diverse. Una procede parallela
all’altra, componendo una rotaia su cui può “viaggiare” il comportamento umano.
A loro volta, i monisti, da Democrito ai neuro scienziati di oggi, sostengono che
cervello e mente sono due termini che indicano la stessa cosa: la mente
è considerata un’ espressione del cervello. Secondo i monisti, ogni
espressione mentale ha un corrispettivo neurale e ogni movimento neurale ha un
riflesso nella mente. Questa concezione viene definita tra i materialismi, i
quali riducendo tutto a materia considerano qualsiasi cosa al di fuori di essa
una pura illusione, un errore. Il materialismo ha di conseguenza generato anche
l’ateismo, concetto che significa etimologicamente “senza Dio”.
Oggi,
la maggior parte dei neuro scienziati ritiene che tra mente e cervello non ci
sia alcuna dicotomia, alcuna suddivisione in due parti. Si tratta della stessa
cosa. Tra i neuroscienziati, molti
credono in Dio mentre altri lo negano.
Sta
di fatto che il rapporto mente-cervello rientra nel campo degli esperimenti e
delle teorie scientifiche, mentre Dio implica il credere, cosa che sfugge
all’indagine scientifica. La concezione dominante è in sostanza quella del
monismo. Non c’è mente
senza cervello e non c’è cervello che non produca pensieri, idee e
comportamenti.
La
scienza è uno “scire per causas” e si basa sugli esperimenti e sui dati
concreti, sui fatti, e non ama affidarsi soltanto alle intuizioni e alle idee.
Le origini dell’umanità
La storia dell’ umanità incomincia
sette milioni di anni fa e si svolge in Africa,
quando dalle molteplici specie di scimmie antropomorfe si stacca un tipo che si
distingue per la postura eretta, in grado cioè di reggersi su due gambe e di
attivare la locomozione bipede. Lo sviluppo della postura eretta, che distingue
gli antichi ominidi dalle grandi scimmie è fondamentale per la storia umana, in
quanto si apre la strada ad altre innovazioni evolutive che culmineranno nella
comparsa del genere Homo. La prima specie umana dunque si evolve - scrive l’ autorevole paleontologo Richard Leakey - circa
sette milioni di anni fa. Fra 7 e 2 milioni di anni or sono, si evolvono
numerose e diverse specie di scimmie
antropomorfe bipedi. Fra 3 e 2 milioni di anni
fa, una specie sviluppa un cervello più grande. L’espansione delle
dimensioni encefaliche segna l’ origine del genere Homo.
La
storia evolutiva dell’uomo inizia e si svolge soprattutto in Africa, dove ci
sono reperti della datazione di 2 milioni di anni. Una ricostruzione che prima
di imporsi ha dovuto fare i conti con la resistenza ad accettare l’idea che i
bianchi possano discendere dalle popolazioni africane di colore. Lucy, ominide di sesso femminile che risale a oltre 3
milioni di anni fa camminava stando eretta su due gambe.
L’Homo
sapiens, che viene dopo l’Homo erectus e l’Homo habilis lo si fa nascere 34 mila anni fa. C’è però
una zona di passaggio occupata
dall’uomo di Neandertal, vissuto in Eurasia tra i 135 mila e 34 mila anni fa.
L’Homo sapiens è caratterizzato dalla coscienza e
dall’uso del linguaggio, e proviene, secondo gli scienziati Wallace e
Broom dalla natura attraverso il processo evolutivo, secondo però il principio
dell’unicità umana e l’intervento di Dio.
Con
il linguaggio e la pittura ci si avvia verso l’uomo moderno, il “sapiens
sapiens”, e si giunge alla mente. Un’ipotesi è la teoria che afferma che
l’emergere della mente umana e della coscienza abbia
avuto inizio circa 250mila anni fa, in seguito a pressioni evolutive e
ambientali (Rose). Giungiamo così all’uomo di oggi, l’epoca delle neuroscienze,
in cui è possibile studiare il cervello direttamente attraverso i formidabili
metodi di “brain imaging”.
L’origine della mente
La
storia della vita - affema Leakey - è stata segnata da tre grandi rivoluzioni:
a) l’origine della vita, che viene
fatta risalire a poco più di 3 miliardi e mezzo di anni or sono;
b) l’ avvento degli organismi
pluricellulari, circa mezzo miliardo di anni fa;
c) l’origine della coscienza, risalente
a circa 250mila di anni or sono, quando cioè l’uomo diviene consapevole di sé e inizia a trasformare il
mondo naturale.
Che
cosa è la coscienza? E a che cosa serve? Qual è la sua funzione? Sono questioni
al centro della ricerca neuro
scientifica. Le concezioni sono molteplici e le spiegazioni sono ancora avvolte
nel mistero della coscienza e della mente. Siamo soltanto all’ inizio di una
grande avventura scientifica, ricca di prospettive e di sorprese.
Da
sempre, filosofi e scienziati sono impegnati nella comprensione di quel
fenomeno sfuggente ed elusivo che è la coscienza. Possiamo definire la coscienza come una forza possente ricca di sensazioni soggettive
che chiamiamo “coscienza autoriflessiva” (Leakey). Non esiste tuttavia per
ciascuno di noi alcun modo oggettivo per sapere se gli altri sperimentino le
nostre stesse sensazioni (qualia).
In
quale momento, la mente raggiunge lo stadio attuale? L’ipotesi di molti
autori è che la coscienza sia frutto di
un processo evolutivo realizzato attraverso la selezione naturale (Kandel). A
partire dall’ avvento della vita sulla terra, la variazione degli organismi
animali - sostiene Harry Jerison - è
“accompagnata” da una sensibile espansione della
dimensione dell’encefalo, nota come “encefalizzazione”. Nel corso dell’
evoluzione, con l’accrescimento delle dimensioni del cervello, si accresce
anche la quantità di conoscenze, aumentando così l’intelligenza e rendendo più
acuta la consapevolezza di sé. Gli scienziati hanno scoperto poi che la
corteccia cerebrale - la parte pensante e più nobile del cervello - era più sviluppata nelle specie che vivevano
in gruppi sociali più numerosi (Dunhar).
La
comprensione del comportamento animale ha conosciuto in proposito una vera e propria rivoluzione
capace di minare il dogma del comportamentismo secondo cui gli animali non
possiedono la mente. Gli esperimenti hanno cercato di individuare sia
l’autocoscienza – definita come capacità di riconoscere se stessi - in animali
non umani sia eventuali capacità di inganno in primati.
Il “test dello specchio”
messo a punto dalla scienziato Gordon Galup
ha mostrato che quando un animale era in grado di riconoscere la propria
immagine riflessa in uno specchio si poteva affermare che possedesse la
consapevolezza di sé o autocoscienza. La prova
di Galup con uno scimpanzé dette esito positivo, in quanto l’animale si toccò la fronte in cerca
della macchia rossa impressa dal ricercatore. Il risultato rappresenta
una pietra miliare per la comprensione della mente e della coscienza animale. Circa
la capacità di inganno, esperimenti condotti su babbuini, grandi antropomorfe e
scimmie comuni, hanno rivelato l’esistenza di comportamenti di inganno (Whiten,
Byrne). Ciò dimostra che lo scimpanzé possiede un “significativo grado di
autocoscienza” (Leakey). Gli
scimpanzé presentano dunque un “alto grado” di autocoscienza nelle loro
interazioni reciproche e con l’uomo.
Che
cosa allora possiamo dire sull’autocoscienza dei nostri progenitori? La realtà
è che finora un simile interrogativo non ha ancora trovato una risposta
soddisfacente. Quello che possiamo dire è che alcuni comportamenti umani, come
le attività artistiche e le testimonianze di riti
funerari che parlano chiaramente di consapevolezza della morte, riflettono sia
la capacità di usare un linguaggio verbale sia la consapevolezza di sé.
Sta
di fatto che ogni società ha elaborato un mito della propria origine. I miti
attingono alla sorgente dell’autocoscienza, la voce interiore che cerca una
spiegazione per ogni cosa. Mitologia e religione così entrarono a far parte
della storia dell’uomo.
Evoluzione del cervello. Il cervello “uno e trino”
La
nuova scienza del cervello è dominata - come osserva il neuro scienziato
Vizioli - da una concezione trinitaria. Deve esserci qualcosa di magico, per
Luciano Gallino, nel numero tre. Uno dei più grandi
protagonisti della neuroscienza moderna, Paul MacLean, nel suo volume dal
titolo “Evoluzione del cervello e comportamento umano” (Einaudi), che
rappresenta la somma di un’opera grandiosa durata quaranta anni, ha elaborato una
affascinante e straordinaria teoria. Tutta la sua concezione poggia sulla tesi
che il cervello è una struttura trinitaria ( “triune brain”), nel senso che
consta di tre formazioni sovrapposte: il cervello
rettiliano, il
cervello limbico o mammaliano e il
neocervello. Il
cervello rettiliano, così chiamato perché il suo aspetto è simile a quello del
cervello di un rettile, rappresenta la parte più antica del cervello, essendosi evoluta più di 500
milioni di anni fa, ed è legata all’aggressività, alla violenza e a una
pulsione distruttiva e autodistruttiva. Il
secondo cervello avrebbe fatto la sua comparsa da 300 a 200 milioni di anni fa.
Il neocervello invece apparve circa 200 milioni di
anni fa ed è ciò che ci dà la nostra peculiare qualità umana. Siamo cioè
in grado di capire, ricordare, comunicare, creare (Ornstein, Thompson). Il
neocervello serve ad elaborare idee nuove, soluzioni intelligenti e creatività.
E’ questo il cervello propriamente umano, mentre gli altri due sono definiti da
MacLean cervelli “animali”.
Queste
tre formazioni del cervello presentano tra loro grandi differenze strutturali e
chimiche. Eppure - afferma MacLean - devono
fondersi e funzionare tutte e tre insieme come un cervello “uno e trino” .
E’
proprio vero - osserva Vizioli - che la trinità domina la nostra cultura.
Infatti, se dal campo della fede passiamo alla scienza del cervello ritroviamo
un’analoga concezione trinitaria. Difatti, Platone descrive il cervello come una coppia di destrieri
guidati da un auriga. Lo scienziato sovietico, Luria, concepisce
l’organizzazione del cervello nei termini di tre unità funzionali (ritmo sonno -veglia;
immagazzinare le informazioni; programmare le attività motorie e
intellettuali). Infine, è trinitario anche il modello della mente proposto da
Freud: Es, che corrisponde al
cervello rettiliano (il mondo degli istinti, delle pulsioni e dei
desideri); Io, cioè il
cervello limbico (il dominio della ragione) e Super-Io, il neocervello (l’istanza morale,
il giudizio, la critica). Quando di fronte al male, diciamo che si è liberato
il rettile che è nell’uomo, affermiamo una realtà. Che i neuro scienziati hanno
scientificamente verificato, che Platone aveva intuito e che Freud ha
teorizzato. Dati
sperimentali e clinici mostrano che il cervello rettiliano è sede delle emozioni (paura,
terrore, rabbia, tristezza, idee strane, pessimismo, sentimenti paranoidi,
vergogna) e ha a che fare con l’autoconservazione e la sopravvivenza.
Questi risultati gettano un po’ di luce sulle basi biologiche dell’aggressività,
della violenza e dell’ egoismo. In particolare, le possibilità che le
esplosioni di questa parte del cervello possono provocare riguardano le patologie psichiatriche: disturbi
dell’ emozione e dell’umore; sentimenti di depersonalizzazione; distorsione
della percezione; sintomi di paranoia.
Nuove tendenze nell’evoluzione del cervello
Il
cervello limbico o mammaliano ha un ruolo fondamentale nel comportamento
emotivo. Nell’ uomo si è venuto sviluppando un senso morale e sociale che diventa particolarmente visibile nelle sue
manifestazioni altruistiche e di generosità. I
sentimenti caritatevoli e filantropici sono ancora in evoluzione. E’
sufficiente ricordare infatti che la parola
“altruismo” fu coniata solo nel 1853 dal filosofo Comte e che il termine “empatia” fu introdotto da Lipps negli anni intorno
al 1900. Nella loro espressione più alta, i sentimenti di altruismo ed
empatia richiedono non solo la capacità di “comprendere” e “partecipare” alla sofferenza altrui, ma
anche la capacità di “prevedere” e “organizzare” il benessere, alleviare il
dolore e operare per la conservazione dell’individuo e della specie. La sfida più difficile rimane
quella fra l’uomo e i suoi due cervelli “animali”. Molti elementi ci
offrono la base per sperare che il neocervello possa riuscire a fronteggiare i problemi sempre più critici
del nostro tempo.
Conclusioni
Siamo
giunti alla nostra condizione attuale dopo un lungo percorso. A partire dal
linguaggio e dalla pittura rupestre ci si avvia verso il sapiens sapiens e si giunge alla mente e alla coscienza.
Siamo “vicini all’uomo di Manhattan”, all’uomo
moderno, all’epoca delle nuove neuroscienze, in cui è possibile studiare il
cervello direttamente, esplorando la profondità della nostra mente e i
meccanismi biologici che sono alla base del nostro mondo psichico ed affettivo.
Nella
sua recente opera “La
conquista sociale della Terra”, E. O. Wilson afferma che l’unico metodo
per chiarire il mistero della nostra condizione è fondato su un rigoroso sapere
neuro scientifico. L’ autore delinea, come abbiamo cercato di dimostrare, il
processo evolutivo di “homo sapiens” e l’ origine della nostra condizione
umana. L’ origine dell’umanità e l’evoluzione del cervello sono stati indagati
da tutta una schiera di scienziati, fra i quali R.
Ornstein, R. F. Thompson, R. Leakey e P.D. MacLean. Questi studi
rappresentano la più importante storia dell’evoluzione umana e animale in
questi ultimi anni. Un appassionante viaggio alla ricerca della realtà
meravigliosa del cervello umano, dove nulla è prevedibile, dove tutto è
sorprendente e incredibile. Tutto ciò in ragione delle prodigiose risorse e
dello stupore espressi dal nostro cervello.
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